IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    ha pronunciato la presente 
 
                              ORDINANZA 
 
    sul ricorso numero di registro generale 14778 del 2014,  proposto
dalla Agricola Fotosolara Cheremule Srl, rappresentata e difesa dagli
avv.ti  Andrea  Sticchi  Damiani,  Francesco  Saverio   Marini,   con
domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Francesco Saverio  Marini
in Roma, Via dei Monti Parioli, 48; 
    contro 
    Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero  dello  Sviluppo
Economico,  rappresentati  e  difesi   per   legge   dall'Avvocatura,
domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    Gestore dei Servizi Energetici Gse Spa; 
    per l'annullamento 
    previa sospensione dell'efficacia. 
    del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 17  ottobre
2014,  recante  "Modalita'  per  la   rimodulazione   delle   tariffe
incentivanti   per   l'energia   elettrica   prodotta   da   impianti
fotovoltaici, in attuazione dell'art.  26,  comma  3,  lett.  b)  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n.  91,  convertito  con  modificazioni
nella legge 116/2014, mediante il  quale  sono  stati  individuati  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi; 
    delle "istruzioni operative  per  gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge 116/2014 (c.d. Legge competitivita')" nella  parte  in
cui  prevedono  la  rimodulazione  degli  incentivi  spettanti   agli
impianti fotovoltaici  con  potenza  nominale  superiore  ai  200  kw
secondo una delle tre opzioni previste dall'art.  26,  comma  3,  del
decreto legge 24 giugno 2014 n.  91  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116; 
    per l'accertamento 
    del diritto della ricorrente a non esercitare nessuna  delle  tre
opzioni di riduzione dell'incentivo riconosciuto per la produzione di
energia elettrica da impianto solare fotovoltaico, previste dall'art.
26, comma 3, lett. b)  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,
convertito con modificazioni nella legge 116/2014, 
    del conseguente diritto a conservare le  condizioni  contrattuali
stabilite  nella  Convenzione   stipulata   con   il   GSE   per   il
riconoscimento  delle  tariffe  incentivanti  per  la  produzione  di
energia elettrica da impianti solari fotovoltaici; 
    nonche'  per  la  concessione  di  idonee  misure  cautelari  che
consentano alla ricorrente di non esercitare alcuna delle tre opzioni
previste dall'art. 26, comma 3, del d.l. 91/2014  conv.  l.  116/2014
senza   incorrere   nell'acquiescenza    rispetto    all'applicazione
dell'opzione c); 
    nonche' per il risarcimento dei  danni  subiti  e  subendi  dalla
ricorrente, da determinarsi in corso  di  causa  o  da  quantificarsi
anche in via equitativa dal Collegio. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione  in  giudizio  di  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri e di Ministero dello Sviluppo Economico; 
    Relatore nell'udienza  pubblica  del  giorno  19  marzo  2015  la
dott.ssa Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                                Fatto 
 
    Con ricorso, notificato alle amministrazioni in  epigrafe  il  14
novembre 2014 e depositato il successivo  27  novembre,  la  societa'
ricorrente, titolare di un impianto fotovoltaico con potenza nominale
superiore a 200 kw, il  quale  fruisce  delle  tariffe  incentivanti,
previste dal DM 19 febbraio 2007, riconosciute in base all'art. 7 del
dlgs 387/2003, secondo le modalita' previste in apposita  convenzione
di diritto privato stipulata con il GSE, propone il presente  gravame
con il quale, previo accertamento dell'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 26, comma 3, del d.l. 91/2014, come modificato dalla  legge
116/2014, chiede: 
    -  l'annullamento  del  decreto  del  Ministro   dello   Sviluppo
Economico  del  17  ottobre   2014,   recante   "Modalita'   per   la
rimodulazione delle  tariffe  incentivanti  per  l'energia  elettrica
prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26,  comma
3, lett. b) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91,  convertito  con
modificazioni nella legge 116/2014,  mediante  il  quale  sono  stati
individuati  i  criteri  e  le  percentuali  di  rimodulazione  degli
incentivi e le "Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge 116/2014 (c.d. Legge competitivita')"; 
    - l'accertamento dell'illegittimita'  dell'obbligo  imposto  alla
ricorrente  di  esercitare  una  delle  tre  opzioni   di   riduzione
dell'incentivo riconosciuto per la produzione di energia elettrica da
impianto solare fotovoltaico, previste dall'art. 26, comma  3,  lett.
b)  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,   convertito   con
modificazioni nella legge 116/2014; 
    - l'accertamento  del  conseguente  diritto  della  ricorrente  a
conservare le condizioni  contrattuali  stabilite  nella  Convenzione
stipulata con il GSE per il riconoscimento delle tariffe incentivanti
per  la  produzione  di  energia   elettrica   da   impianti   solari
fotovoltaici; 
    -  l'accertamento  dell'insussistenza  del  potere  del  GSE   di
applicare automaticamente l'opzione c) di cui all'art. 26,  comma  3,
del d.l. 91/2014 conv. l. 116/2014, nel caso in cui la ricorrente non
provveda a comunicare quale opzione intende esercitare  entro  il  30
novembre 2014; 
    - il risarcimento dei danni subiti e subendi, da determinarsi  in
corso di causa  o  da  quantificarsi  anche  in  via  equitativa  dal
Collegio. 
    La  ricorrente  chiede  al  Tribunale,  in  via  preliminare,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  26,
comma 3, del d.l. 91/2014, conv. l. 116/2014, per violazione: 
    - degli artt.  3  e  41  Cost.  e  del  principio  del  legittimo
affidamento; 
    - degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione alle norme  e
ai principi comunitari ed internazionali; 
    - dell'art. 117,  co.  1,  Cost.  in  relazione  all'art.  1  del
Protocollo addizionale n. 1 della CEDU; 
    - dell'art. 77 Cost. 
    Il Ministero  dello  Sviluppo  Economico  si  e'  costituito  con
memoria del 12 dicembre 2012 resiste  nel  merito  e  con  successiva
memoria, depositata il 16 febbraio 2015, eccepisce l'inammissibilita'
della domanda di mero  accertamento  ed  insiste  sulla  legittimita'
della disposizione di cui all'art. 26, d.l. 91/2014, illustrandone le
ragioni economiche e valorizzando le misure compensative adottate nel
medesimo provvedimento normativo. 
    Alla pubblica udienza del 19  marzo  2015  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Con separata sentenza parziale, ai sensi dell'art. 33 comma 1,
del codice del processo amministrativo, il Tribunale ha  definito  le
questioni  pregiudiziali  relative  alla  giurisdizione  del  giudice
amministrativo ed all'ammissibilita' dell'azione di accertamento. 
    Con la presente ordinanza il Tribunale solleva  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3, del d.l.  91/2014,
convertito nella legge 116/2014, il quale ha  previsto,  per  i  soli
impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a  200  kW,  come
quelli di cui e' titolare la ricorrente,  la  rideterminazione  degli
incentivi in misura ridotta rispetto a quelli  attualmente  praticati
in base alle convenzioni stipulate dalla ricorrente  con  il  GSE  ed
ancora in corso, per violazione degli artt. degli artt. 3 e 41 e  del
principio del legittimo affidamento; 11 e  117,  comma  1,  Cost.  in
relazione alle norme e  ai  principi  comunitari  ed  internazionali;
dell'art. 117, co. 1, Cost. in relazione all'art.  1  del  Protocollo
addizionale n. 1 della CEDU; dell'art. 77 Cost. 
    Oggetto della domanda proposta con il ricorso  e'  l'accertamento
del diritto della ricorrente a non esercitare nessuna  delle  opzioni
previste dalla norma censurata, mantenendo le  condizioni  tariffarie
previste dalle convenzioni  in  essere,  nonche'  l'annullamento  dei
provvedimenti emanati in  attuazione  dell'art.  26,  comma  3,  d.l.
91/2014, previa rimessione alla Corte Costituzionale della  questione
di legittimita' della disposizione citata. 
    L'art.   26   citato,   rubricato   "Interventi   sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta  da  impianti  fotovoltaici",
ha, infatti, previsto che " A  decorrere  dal  1°  gennaio  2015,  la
tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza
nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a  scelta  dell'operatore,
sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al  GSE  entro
il 30 novembre 2014: 
    a) la tariffa e' erogata per un periodo di  24  anni,  decorrente
dall'entrata in esercizio  degli  impianti,  ed  e'  conseguentemente
ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione  indicata  nella
tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
    b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e'  rimodulata  prevedendo  un  primo  periodo  di  fruizione  di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; (100) 
    c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto  alla
data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua
del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 
    1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
    2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
    3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c)". 
    2. In punto di rilevanza, il Tribunale ritiene che  la  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  26  del  d.l.   91/2014,
convertito nella legge 116/2014, sia pregiudiziale  alla  risoluzione
della controversia. 
    La domanda proposta in giudizio ha, infatti, ad oggetto: 
    a)  l'annullamento  del  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione  dell'art.  26
comma 3 d. l. n. 91/2014, con cui sono stati individuati i criteri  e
le percentuali di rimodulazione degli incentivi, e delle  "Istruzioni
operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli
impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014"
pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in data 03/11/2014; 
    b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle  tre
opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia
elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3° lettere a), b)
e c) d.l.  n.  91/2014,  del  diritto  di  conservare  le  condizioni
contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con  il  G.S.E.  e
dell'insussistenza del  potere  del  G.S.E.  di  applicare  l'opzione
prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) citato nel caso di  mancato
esercizio, entro  il  30  novembre  2014,  delle  opzioni  di  scelta
previste dalla disposizione in esame. 
    In ordine alla domanda di accertamento questo Tribunale,  con  la
sentenza parziale sopra menzionata, a cui rinvia ai  sensi  dell'art.
88, co. 2, lett. d) c.p.a., si e'  pronunciato  sulla  ammissibilita'
della stessa, trattandosi  di  tecnica  di  tutela  consentita  dalla
natura di diritto soggettivo della situazione giuridica  azionata  ed
identificabile nella pretesa all'incentivo  come  quantificato  nelle
convenzioni "di diritto privato" menzionate dall'art.  24,  comma  2,
lett. b) del decreto legislativo n. 28/2011. 
    L'azione di accertamento deve,  peraltro,  ritenersi  ammissibile
anche nel caso in cui la posizione giuridica fosse da qualificarsi di
interesse legittimo, ove la predetta tecnica di  tutela  rappresenti,
come nel caso sub judice,  l'unica  idonea  a  garantire  una  tutela
adeguata ed efficace (cfr. Ad. Pl. 15/2011). 
    Sempre  in  relazione   alla   rilevanza   della   questione   di
legittimita' costituzionale va evidenziato che, oltre alla domanda di
accertamento, la  ricorrente  ha  proposto  una  domanda  caducatoria
avente ad oggetto atti emanati in attuazione dell'art. 26  d.  l.  n.
91/2014  (la  cui  conformita'  alla  Costituzione  e'   oggetto   di
contestazione) che nella fattispecie  riveste  ruolo  e  funzione  di
norma   legittimante   l'esercizio    del    potere    amministrativo
estrinsecatosi con l'adozione degli atti impugnati. 
    In  quest'ottica  deve  essere  precisato  che   il   legislatore
dell'emergenza,  con  l'art.  26  del  dl  91/2014,  non  attribuisce
all'amministrazione nessun margine di  apprezzamento,  fissando,  con
norma di legge primaria, anche le modalita' con le quali  operare  le
riduzioni tariffarie  spettanti  a  destinatari  ben  individuati  (i
titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200
KW), cosi' rendendo meramente applicativi i provvedimenti con i quali
l'Amministrazione redigera' le Tabelle contenenti i  coefficienti  di
rimodulazione e le Istruzioni Operative. 
    Qualunque sia l'opzione prescelta ed il contenuto  dell'attivita'
amministrativa affidata dal legislatore al  Ministro  dello  Sviluppo
Economico, non verranno meno  le  riduzioni  tariffarie  peggiorative
rispetto alle agevolazioni previste nelle convenzioni in essere. 
    L'opzione sub a) prevede che l'incentivo  venga  erogato  per  un
periodo di 24, contro  gli  attuali  20,  ma  in  misura  ridotta  in
percentuale variabile in ragione del  periodo  residuo  (25%  il  12°
anno, il 23% il 13°, fino al 17% il 19°). 
    Il prolungamento per quattro anni non compensa della decurtazione
dell'incentivo per il residuo periodo tutti quegli impianti che hanno
un lungo periodo residuo (15-12), senza considerare  che  l'incentivo
e' commisurato alla  vita  media  degli  impianti  e  che  nel  tempo
aumentano i costi per il mantenimento in efficienza degli stessi. 
    L'opzione sub  b)  e'  parimenti  peggiorativa  ove  prevede  una
riduzione della tariffa per un primo periodo ed  un  pari  incremento
nel secondo, atteso che il rendimento di tali impianti nei primi anni
di attivita' e' sensibilmente maggiore. 
    L'opzione sub c) e' manifestamente peggiorativa  laddove  prevede
un  taglio  dal  6%  all'8%  per  il  residuo   periodo   di   durata
dell'incentivazione. 
    Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile  alla  posizione
di   parte   ricorrente,    consegue    all'immediata    operativita'
dell'obbligo, imposto dall'art. 26  comma  3°  d.l.  n.  91/2014,  di
scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. 
    Dal momento che la lesione consegue alla mera entrata  in  vigore
della   norma,   che   non   necessita   per   la   sua    attuazione
dell'intermediazione del potere amministrativo del  Ministero  o  del
Gestore, ove e'  previsto  che,  nell'ipotesi  di  mancato  esercizio
dell'opzione, agli operatori economici si applica la rimodulazione di
cui alla lettera c) del terzo comma dell'art. 26 d. l. n. 91/2014, la
norma e' autoapplicativa. 
    Anche l'intervento del GSE, previsto dalla disposizione in esame,
e' finalizzato alla sola quantificazione in concreto, con riferimento
alle   percentuali   di   riduzione   gia'   fissate   dalla   norma,
dell'incentivo risultante  dall'opzione  sub  c),  applicata  in  via
imperativa dalla  legge,  senza  lasciare  margini  ad  una  autonoma
manifestazione di volonta' nella sua applicazione. 
    La norma  censurata,  inoltre,  per  il  suo  contenuto  univoco,
specifico ed immediatamente lesivo degli interessi economici dei suoi
destinatari non si  presta  in  alcun  modo  ad  una  interpretazione
costituzionalmente orientata, imponendo la rimessione della questione
alla Corte Costituzionale al fine  di  valutarne  la  conformita'  al
canone di ragionevolezza e non arbitrarieta'. 
    Per quanto sopra osservato, pertanto, la questione e' rilevante. 
    3. Con diverse ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale,
adottate su analoghi ricorsi, (v., per tutte, le ordinanze Tar  Lazio
Sez. III ter nn. 8671/2015, 9272/2015 e 9737/2015 ), si ripercorre la
disciplina dell'incentivazione della produzione di energia  elettrica
da fonte solare, dal Protocollo di Kyoto al decreto legge 91/2014, al
fine di meglio illustrare il quadro normativo nel quale si  iscrivono
le disposizioni qui impugnate. 
    A tali ordinanze il Collegio rinvia ai sensi dell'art. 88,  comma
2, lett. d), c.p.a., richiamandone i contenuti  per  quanto  qui  non
riproposto. 
    L'art.  26,  oggi  in  esame,  reca  "interventi  sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici" (la
disposizione,  introdotta  con  il  d.l.,  e'   stata   profondamente
modificata nel corso dell'iter di conversione). 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti. 
    i) ambito applicativo e finalita' (co. 1). 
    "1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici,  riconosciute  in  base  all'articolo  7  del   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'articolo  25,  comma  10,
del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate secondo  le
modalita' previste dal presente articolo." 
    L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe  incentivanti
riconosciute in base ai conti energia ed  e'  ispirato  alla  duplice
finalita' di "ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di  raccolta  ed
erogazione degli  incentivi",  cui  e'  collegato  il  co.  2,  e  di
"favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili". 
    ii) modalita' di erogazione (co. 2). 
    "2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla
pubblicazione del  presente  decreto  e  approvate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico.". 
    La norma introduce, a far  tempo  dall'1.7.2014,  un  sistema  di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto del 90% della "producibilita' media annua
stimata di ciascun impianto" nell'anno di produzione, da  versare  in
"rate mensili costanti", e  "conguaglio",  basato  sulla  "produzione
effettiva",  entro  il  30.6  dell'anno  successivo   a   quello   di
produzione). 
    A tale comma e' stata data attuazione col d.m. 16.10.2014 (pubbl.
nella G.U. n. 248 del 24.10.2014). 
    iii) rimodulazione (co. 3). 
    Il comma 3 contiene le disposizioni  oggetto  di  censura,  sopra
riportate, delineando la disciplina sostanziale della  rimodulazione,
stabilendone l'operativita' a decorrere dall'1.1.2015. 
    iii.1) L'ambito soggettivo di applicazione e' piu'  ristretto  di
quello contemplato dal co. 1, venendo presi in considerazione i  soli
"impianti di potenza nominale superiore a 200 kW". 
    L'art. 22-bis, co. 1, d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (conv.,  con
modif., dalla l. 11 novembre 2014, n. 164), ha  operato  un'ulteriore
restrizione, esonerando dall'applicazione delle disposizioni  di  cui
ai commi da 3 a 6 gli "impianti i  cui  soggetti  responsabili  erano
[alla data di entrata in vigore della legge di conversione  del  d.l.
91/2014] enti locali o scuole". 
    iii.2) La norma concede agli operatori la possibilita' di  optare
entro il 30.11.2014 fra tre modalita' alternative: 
    - lett. a): estendere la durata  dell'incentivazione  sino  a  24
anni (decorrenti dalla data di entrata in  esercizio  dell'impianto),
applicando le riduzioni indicate nella tabella di cui all'All.  2  al
d.l. n. 91/2014, sulla base di una proporzione inversa  tra  "periodo
residuo" (dell'incentivazione) e  "percentuale  di  riduzione".  Sono
previsti 8 scaglioni di "periodo residuo", a partire  da  "12  anni",
cui corrisponde una riduzione del 25%, sino a "19 anni e oltre",  cui
corrisponde una riduzione del 17%; 
    - lett. b): ferma la durata ventennale dell'incentivazione,  essa
viene suddivisa in due "periodi", il primo dei quali "di fruizione di
un incentivo ridotto rispetto all'attuale" e il secondo "di fruizione
di un incentivo incrementato in ugual misura". 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro l'1.10.2014  "in
modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi  titolo
all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno  per
il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe
vigenti". 
    A tale previsione e' stata data attuazione con il d.m. 17.10.2014
(pubbl. nella G.U. n. 248 del 24.10.2014, entrato in vigore il 25.10;
cfr. art. 2), che all'all. 1 ha indicato l'algoritmo per  determinare
l'entita' della rimodulazione; 
    - lett. c): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,  si
applica una  riduzione  "dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione"  secondo  percentuali   determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW;  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza
superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione di questa terza ipotesi sub c). 
    iv) misure di "accompagnamento" (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
"accompagnamento": 
    iv.1) finanziamenti bancari (co. 5): 
    ai sensi del comma 5, il "beneficiario della tariffa incentivante
di cui ai commi 3 e 4 puo' accedere a finanziamenti  bancari  per  un
importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo  gia'  spettante
al 31 dicembre 2014 e  l'incentivo  rimodulato";  tali  finanziamenti
"possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla  base
di  apposite  convenzioni  con  il  sistema  bancario,  di  provvista
dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa  depositi  e  prestiti
S.p.A." (CDP); a sua volta, l'esposizione di CDP e'  garantita  dallo
Stato [...] secondo criteri e  modalita'  stabiliti  con  decreto  di
natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze". 
    A tale disposizione e' stata data attuazione col d.m.  29.12.2014
(pubbl. nella G.U. n. 17 del 22.1.2015), che stabilisce, tra l'altro,
all'art. 1, che "e'  garantita  dallo  Stato  l'esposizione"  di  CDP
"rappresentata  da  crediti  connessi  ad  operazioni  di   provvista
dedicata o di garanzia, per i  finanziamenti  bancari  a  favore  dei
beneficiari della tariffa incentivante", ai sensi del menzionato art.
26, co. 5 (co. 1) e che la garanzia dello Stato, "concessa  a  titolo
oneroso  [...]  diretta,  incondizionata,  irrevocabile  e  a   prima
richiesta" (co. 2), copre fino all'80% dell'ammontare. 
    iv.2) adeguamento della durata dei titoli (co. 6): 
    in riferimento all'opzione sub lett. a), "Le regioni e  gli  enti
locali  adeguano,  ciascuno  per  la  parte  di  competenza   e   ove
necessario, alla durata  dell'incentivo  come  rimodulata  [...],  la
validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per
la costruzione e l'esercizio degli  impianti  fotovoltaici  ricadenti
nel campo di applicazione del presente articolo"; 
    iv.3) "acquirente selezionato" (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
    la misura concerne tutti "i beneficiari di incentivi pluriennali,
comunque denominati, per la produzione di energia elettrica da  fonti
rinnovabili" - non solo, dunque, i produttori da energia solare - , i
quali "possono cedere una  quota  di  detti  incentivi,  fino  ad  un
massimo dell'80 per cento, ad un acquirente selezionato tra i primari
operatori finanziari europei" (co. 7). 
    L'"acquirente selezionato" subentra ai beneficiari "nei diritti a
percepire gli  incentivi",  "salva  la  prerogativa"  di  Aeggsi  "di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti" per
un importo definito dalla stessa disposizione (co. 8: "a fronte della
corresponsione  di  un  importo  pari  alla  rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi"). 
    Essa  demanda  poi  all'AEEG:  i)  la   definizione   (entro   il
19.11.2014)  delle  inerenti  modalita'  attuative,   attraverso   la
definizione del sistema per gli acquisti e la  cessione  delle  quote
(co. 9); ii) la destinazione "a riduzione della componente  A3  degli
oneri di sistema", "nel rispetto di specifici indirizzi", dettati con
decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,   dell'"eventuale
differenza  tra  il  costo  annuale   degli   incentivi"   acquistati
dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai  sensi
del comma 8. 
    Tali provvedimenti non risultano ancora emanati. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
    - al comma 12, che "alle quote di incentivi cedute ai sensi delle
disposizioni di cui al comma 9 non si applicano,  a  decorrere  dalla
data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3"; 
    - al comma 13, che "l'efficacia  delle  disposizioni  di  cui  ai
commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea". 
    iv.4) Infine, con il comma  11  viene  demandato  al  Governo  di
"assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione   alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati". 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le "Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici"  (con  data
3.11.2014), recanti precisazioni sulle modalita' di applicazione  del
nuovo meccanismo. 
    3.4.3 Gli effetti dell'art. 26,  co.  3,  del  decreto  legge  n.
91/2014. 
    Come si e' visto, le previsioni dell'art.  26,  co.  3,  incidono
sugli incentivi percepiti, in base alle convenzioni stipulate con  il
GSE in attuazione dei vari conti energia, dai titolari degli impianti
fotovoltaici aventi potenza superiore a 200 kW. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici. 
    Dalle  difese  dell'amministrazione  risulta   che   gli   stessi
costituirebbero una percentuale di  circa  il  4%  del  totale  degli
impianti incentivati (ca.  9.000  su  ca.  198.000),  destinatari  di
benefici pari al 60% della spesa totale per l'incentivazione (ca. 4,3
mld/anno su ca. 6,8 mld/anno). 
    Dai dati  pubblicati  dal  GSE  nel  proprio  sito  istituzionale
risulta peraltro un  numero  maggiore  di  impianti  incentivati  (al
31.7.2014m 550.785 impianti,  per  una  potenza  complessiva  di  ca.
17,731 MW, dei quali 12.264 con potenza superiore a 200 kW; cfr. sito
internet GSE, sezione "Conto Energia" - "Risultati incentivazione"  -
"Totale dei risultati"). 
    Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni  del  comma  3
impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome
definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando  un  effetto
novativo sugli elementi della durata  o  dell'importo  delle  tariffe
incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei
costi di transazione  derivanti  dalla  necessita'  di  adeguare  gli
assetti in essere alla nuova situazione. 
    E, infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di cui  alla
lett. c), avente chiara portata negativa: 
    - l'allungamento della durata divisata dalla lett. a) (estensione
a 24 anni con proporzionale riduzione delle quote annuali),  oltre  a
comportare una differita  percezione  degli  incentivi,  di  per  se'
(notoriamente) pregiudizievole, non puo' non incidere  sui  parametri
iniziali dell'investimento, impattando anche sui  costi  dei  fattori
produttivi (si pensi a es. alle attivita' di  gestione,  alla  durata
degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la
disponibilita' delle  aree,  delle  assicurazioni,  ecc.),  ferma  la
necessita'   del   parallelo   adeguamento   dei   necessari   titoli
amministrativi (cfr. co. 6); 
    - la lett. b)  determina  una  riduzione  degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  "almeno  600
milioni" di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di  tutti  gli
interessati)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito col d.m.  17.10.2014):  poiche'  l'incentivo  e'
funzione  della  produzione,  il  fisiologico  invecchiamento   degli
impianti, assoggettati nel corso  del  tempo  a  una  diminuzione  di
produttivita', determina la non recuperabilita'  dei  minori  importi
relativi  al  periodo  2015-2019,  attraverso  gli  incrementi  delle
tariffe riferibili al periodo  successivo  (nel  quale  gli  impianti
stessi hanno minore efficienza); 
    4. Le disposizioni di cui all'art. 26, comma 3, del d.l. 91/2014,
convertito nella legge 116/2014, ove ha previsto la  rideterminazione
degli incentivi, per gli impianti fotovoltaici di  potenza  superiore
ai 200 kw, in misura ridotta rispetto a quelli attualmente  praticati
in base alle convenzioni  attualmente  in  essere,  la  questione  di
legittimita' costituzionale non e' manifestamente infondata  sotto  i
profili di seguito analizzati. 
    4.1. Violazione degli  artt.  3  e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del legittimo affidamento. 
    Il comma 3 dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 risulta in contrasto  con
gli artt. 3 e  41  Cost.  laddove  incide  ingiustificatamente  sulle
consolidate  posizioni  di  vantaggio,  riconosciute  da  negozi   di
"diritto privato" e sul  legittimo  affidamento  dei  fruitori  degli
incentivi. 
    4.1.1) La questione rientra nel tema  dei  limiti  costituzionali
alle leggi di modificazione dei  rapporti  di  durata  e  della  c.d.
retroattivita' impropria,  quale  attributo  delle  disposizioni  che
introducono  "per  il  futuro  una  modificazione  peggiorativa   del
rapporto di durata", con riflessi negativi "sulla posizione giuridica
gia' acquisita dall'interessato" (C. cost. sent. n. 236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria  giurisprudenza  sia  ormai  "consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi  anteriori"
(sent. n. 236/2009 cit. e  giurispr.  ivi  richiamata):  "nel  nostro
sistema costituzionale non e' affatto interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il  limite
imposto  in  materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,   della
Costituzione). Unica condizione essenziale e' che  tali  disposizioni
non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,  frustrando,   con
riguardo a situazioni sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,
l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da  intendersi
quale  elemento  fondamentale  dello  Stato  di  diritto"  (sent.  n.
64/2014, che cita la sent. n. 264 del 2005, e  richiama  ,  in  senso
conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). 
    In applicazione  di  questa  pacifica  massima  -  integrata  dal
riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia  dell'Unione
europea secondo cui  "una  mutazione  dei  rapporti  di  durata  deve
ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo  «improvviso
e imprevedibile»  senza  che  lo  scopo  perseguito  dal  legislatore
imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause  C-487/01
e C-7/02)" (cosi' sent. n. 64/2014  cit.)  -  la  Corte  ha,  a  es.,
escluso  l'incostituzionalita'  di   una   normativa   diretta   alla
"variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni demaniali" (con lo  scopo  di  consentire  allo
Stato una maggiorazione delle entrate e  di  rendere  i  canoni  piu'
equilibrati rispetto a quelli pagati a favore di  locatori  privati),
sul rilievo che  tale  effetto  non  era  "frutto  di  una  decisione
improvvisa ed arbitraria del legislatore", ma  si  inseriva  "in  una
precisa linea evolutiva nella disciplina dell'utilizzazione dei  beni
demaniali" (sent. n. 302/2010; v. anche sent. n. 64/2014, in  cui  e'
stata   giudicata   "non   irragionevole   l'opzione   normativa   di
rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate
alla potenza nominale degli impianti  di  derivazione  idroelettrica,
sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo
scopo di attuare un maggiore prelievo  al  progredire  della  risorsa
sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu'  idonea
preservazione delle risorse idriche", alla  luce,  tra  l'altro,  del
"dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale"). 
    Cosi' come ha, al contrario,  (sentenza  C.  Cost.  n.  236/2009)
ritenuto incostituzionale la disposizione introduttiva della graduale
riduzione e finale abolizione del periodo di fuori ruolo del  docenti
universitari  (art.  2,  co.  434,  l.   n.   244/07),   ravvisandone
l'irragionevolezza, all'esito del "necessario bilanciamento"  tra  il
perseguimento della finalita' avuta di mira dalla norma "e la  tutela
da riconoscere al legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,
nutrito da quanti,  sulla  base  della  normativa  previgente,  hanno
conseguito una situazione sostanziale consolidata" (cio' alla luce di
una serie di elementi fattuali, quali  le  caratteristiche  di  detta
posizione  giuridica,  "concentrata  nell'arco   di   un   triennio",
interessante "una categoria di docenti numericamente ristretta",  non
produttiva di "significative ricadute sulla  finanza  pubblica",  non
rispondente "allo scopo di  salvaguardare  equilibri  di  bilancio  o
altri aspetti di pubblico interesse"  e  neppure  potendosi  definire
"funzionale  all'esigenza  di  ricambio  generazionale  dei   docenti
universitari", con  sacrificio  pertanto  "ingiustificato  e  percio'
irragionevole,   traducendosi   nella   violazione   del    legittimo
affidamento - derivante da un formale provvedimento amministrativo  -
riposto nella possibilita' di portare a termine, nel tempo  stabilito
dalla legge, le funzioni loro conferite e, quindi,  nella  stabilita'
della posizione giuridica acquisita"). 
    Del pari, con sentenza n. 92 del 2013, la Corte Costituzionale ha
accolto la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  38,
commi 2, 4, 6 e 10 del  decreto  legge  30  settembre  2003  n.  269,
contenente "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo  e  per  la
correzione  dell'andamento  dei  conti  pubblici",  convertito,   con
modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326. 
    In tale occasione la Corte,  dopo  avere  richiamato  la  propria
giurisprudenza in materia di legittimita' delle  norme  destinate  ad
incidere su rapporti di durata, ha ricordato che cio' che rileva  e',
non soltanto "il generico affidamento  in  un  quadro  normativa  dal
quale  scaturiscano  determinati   diritti,   ma   quello   specifico
affidamento in un fascio di  situazioni  (giuridiche  ed  economiche)
iscritte in un rapporto convenzionale regolato  iure  privatorum  tra
pubblica amministrazione" ed una determinata  categoria  di  soggetti
(nella fattispecie  erano  i  titolari  di  aziende  di  deposito  di
vetture) secondo una specifica disciplina in ossequio alla  quale  le
parti hanno raggiunto l'accordo e assunto le rispettive obbligazioni. 
    La Corte continua affermando che "l'affidamento  appare  qui,  in
altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme  regolative  del
rapporto o alla relativa loro sicurezza quanto piuttosto al  concreto
contenuto dell'accordo e dei reciproci e  specifici  impegni  assunti
dalle parti al momento della stipula della convenzione. 
    Da  cio'  consegue  che  il  vaglio   di   ragionevolezza   della
trasformazione a cui sono assoggettati i rapporti  negoziali  di  cui
alla disposizione denunciata deve  avvenire  non  sul  piano  di  una
astratta ragionevolezza della  volonta'  normativa  quanto  piuttosto
"sul terreno della ragionevolezza  complessiva  della  operazione  da
apprezzarsi nel quadro di un altrettanto ragionevole  contemperamento
degli interessi che risultano nella  specie  coinvolti,  al  fine  di
evitare che "una generalizzata esigenza di contenimento della finanza
pubblica   possa   risultare   sempre    e    comunque,    e    quasi
pregiudizialmente, legittimata a  determinare  la  compromissione  di
diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi,  sia
individuali, sia anche collettivi". 
    La conclusione e' che "la disposizione retroattiva, specie quanto
determini  effetti  pregiudizievoli  rispetto  a   diritti   soggetti
perfetti che trovino la loro base in rapporti  di  durata  di  matura
contrattuale o convenzionale - pubbliche o private che siano le parti
contraenti - deve dunque essere assistita da  una  "causa"  normativa
adeguata: intendendosi per tale una funzione della  norma  che  renda
"accettabilmente " penalizzata la posizione del titolare del  diritto
compromesso, attraverso contropartite intrinseche allo stesso disegno
normativo e che valgano a bilanciare le posizioni delle parti." 
    Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi
la Corte ha reiteratamente affermato che il divieto di retroattivita'
non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25
Cost., ben potendo il legislatore emanare norme retroattive  "purche'
la retroattivita' trovi  adeguata  giustificazione  nell'esigenza  di
tutelare principi, diritti e  beni  di  rilievo  costituzionale,  che
costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse  generale»,
ai sensi della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU)" e con una  serie  di  limiti  generali,
"attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi  costituzionali,
di altri fondamentali valori di civilta' giuridica,  posti  a  tutela
dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra  i  quali
vanno   ricompresi   il   rispetto   del   principio   generale    di
ragionevolezza,  che  si   riflette   nel   divieto   di   introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario" (sentt. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
sull'operativita' del principio  di  legittimo  affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione al  quale  e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico "prudente e accorto": la possibilita' di far
valere la tutela del legittimo affidamento e'  bensi'  "prevista  per
ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto
sorgere fondate aspettative", ma non "qualora un operatore  economico
prudente ed accorto sia  in  grado  di  prevedere  l'adozione  di  un
provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi" (nel caso in  cui  il
provvedimento venga adottato); in  tale  prospettiva,  inoltre,  "gli
operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali" (cfr.
punto 53, sent. C. giust.  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,
Plantanol, cit.). 
    Per completezza, si  puo'  sottolineare  come  nell'ambito  della
disciplina  generale  del  procedimento  amministrativo   lo   stesso
legislatore nazionale abbia da ultimo conferito valenza pregnante  al
principio dell'affidamento. 
    Basti considerare le rilevanti innovazioni apportate  alla  legge
n. 241/90 dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (conv. in l. con modif.,
dalla l. 11 novembre 2014,  n.  164),  recante  "Misure  urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive". 
    Con l'art. 25, co.  1,  lett.  b-ter),  di  detto  d.l.  (lettera
aggiunta dalla legge di  conversione)  e'  stato  infatti  modificato
l'art. 21-quinquies, co. 1, l. n.  241/90  cit.,  sulla  "revoca  del
provvedimento", nel duplice senso: a) di circoscrivere il presupposto
del  "mutamento  della  situazione  di  fatto",  che  per  la   nuova
disposizione deve essere "non prevedibile  al  momento  dell'adozione
del  provvedimento";  b)  di  precludere,  nell'ipotesi   di   "nuova
valutazione  dell'interesse  pubblico  originario",  la  revoca   dei
provvedimenti  (a  efficacia  durevole)  di  "autorizzazione   o   di
attribuzione di vantaggi economici". 
    Cio'  che  costituisce  un  significativo  passo  nell'articolato
processo di emersione della centralita' del  principio  di  sicurezza
giuridica  (ne'  sembrando  fuori  luogo   pretendere   che   analogo
atteggiamento,  prescritto   dal   legislatore   per   le   autorita'
amministrative, sia tenuto dallo stesso legislatore, sia pure con gli
ovvi  accorgimenti  derivanti   dalla   diversita'   delle   inerenti
prerogative). 
    Tanto premesso, ritiene il  Collegio  che  in  capo  ai  soggetti
titolari  di  impianti   fotovolotaici,   fruitori   delle   relative
incentivazioni pubbliche in forza  di  contratto  stipulato  col  GSE
(previo riconoscimento delle condizioni per  l'erogazione  attraverso
specifico  provvedimento  ammissivo),  sussista  una   posizione   di
legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati,  non  essendo  mai
emersi nel corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un
operatore "prudente e accorto" avrebbe potuto prevedere,  al  momento
di chiedere gli incentivi e di decidere se far entrare  in  esercizio
il proprio impianto, l'adozione da parte delle autorita' pubbliche di
misure lesive del diritto agli incentivi. 
    Come desumibile dalla precedente rassegna normativa, nel contesto
internazionale di favore per le fonti rinnovabili e in adesione  alle
indicazioni  provenienti  dall'ordinamento  europeo,  il  legislatore
nazionale ha consentito la nascita  e  favorito  lo  sviluppo  di  un
settore di attivita' economica  ritenuto  particolarmente  importante
per i fini della stessa Unione  europea,  approntando  un  regime  di
sostegno connotato sin dalla sua genesi dalla "stabilita'", nel senso
che  gli  incentivi  dei  conti  energia,  una  volta   riconosciuti,
sarebbero rimasti invariati per l'intera durata del rapporto. 
    Questa  caratteristica  si  ricava  anzitutto   dal   cambio   di
impostazione consistito nel passaggio da obiettivi  indicativi  (dir.
2001/77)   a   obbligatori   (dir.   2009/28)   e   dalla    conferma
dell'autorizzazione agli Stati  membri  circa  il  ricorso  a  misure
incentivanti per ovviare  all'assenza  di  iniziativa  da  parte  del
mercato (regimi di sostegno). 
    Per parte sua,  il  legislatore  italiano  ha  mostrato  piena  e
convinta adesione agli indirizzi sovranazionali, conferendo specifico
risalto  alla  promozione  della  produzione  energetica   da   fonti
rinnovabili e, in particolare, dalla fonte solare. 
    Sin dal d.lgs.  n.  387/03,  nonostante  la  non  obbligatorieta'
dell'obiettivo nazionale, e' stato delineato un  regime  di  sostegno
ispirato al rispetto di criteri quale l'"equa remunerazione dei costi
di investimento e di esercizio" (art. 7, co. 2, lett. d), tanto che i
primi tre conti energia hanno chiaramente  enucleato  l'immutabilita'
per vent'anni dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    Il d.lgs. n. 28/2011 ha amplificato la percezione  di  stabilita'
nei sensi anzidetti, individuando: 
    a) all'art. 23, tra i "principi generali" dei regimi di  sostegno
alle fonti rinnovabili: "la predisposizione di  criteri  e  strumenti
che  promuovano  [...]  la  stabilita'  nel  tempo  dei  sistemi   di
incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione  con  altri
strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno
specifici in capo ai consumatori" (enf. agg.;  co.  1);  nonche'  "la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle  fonti  rinnovabili  e  dell'efficienza  energetica"
(enf. agg.; co. 2). 
    b) all'art. 24,  tra  i  "criteri  generali"  dei  meccanismi  di
incentivazione, quelli indicati al  co.  2,  lettere  b),  c)  e  d),
secondo cui, rispettivamente, "il periodo di diritto all'incentivo e'
pari alla vita media utile convenzionale delle  specifiche  tipologie
di  impianto"  (il  principio  si   collega   a   quello   dell'"equa
remunerazione dei costi di investimento e di  esercizio",  confermato
dalla precedente lett. a),"l'incentivo resta costante  per  tutto  il
periodo di diritto" e "gli incentivi sono assegnati tramite contratti
di  diritto  privato  fra  il  GSE   e   il   soggetto   responsabile
dell'impianto" (enf. agg.). 
    c) all'art. 25, co. 11, recante clausola di salvezza dei "diritti
acquisiti". 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini "diritto" (all'incentivo) o "diritti". 
    Ne' decampa dalla linea d'azione  sinora  esaminata  il  d.l.  n.
145/2013 cit., adottato successivamente alla  conclusione  dei  conti
energia e dunque in un contesto nel quale il novero  dei  destinatari
delle incentivazioni era ormai definito (o in via di definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  "straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure"  (tra  le  altre)  "per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese" (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine  di  "contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo termine dagli esistenti impianti", ha tuttavia introdotto
meccanismi di tipo facoltativo e dunque  non  pregiudizievoli  per  i
fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza dei conti energia, dal d.lgs. n. 28/2011 (anticipata
cessazione del III conto, in una all'immanente temporaneita' di IV  e
V conto, la cui operativita' e' stata collegata, come si e' visto, al
raggiungimento di specifici obiettivi), sia quelli previsti dal  d.l.
n. 145/2013 ex post, ossia dopo la chiusura del regime  di  sostegno,
dimostrano  come  il  legislatore  abbia   comunque   preservato   il
"sinallagma" tra incentivi e iniziative in corso. 
    E infatti il c.d. "boom del fotovoltaico", sotteso alle  inerenti
determinazioni delle autorita' pubbliche, per quanto riconducibile al
parametro di esercizio della discrezionalita' consistente nel  "tener
conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione  delle  tecnologie
delle fonti rinnovabili" ex art. 23, co. 2,  d.lgs.  n.  28/2011,  e'
stato affrontato con misure operanti pro futuro, perche'  applicabili
a impianti non ancora entrati  in  esercizio  (come  attestato  dalle
riferite vicende giudiziali relative  al  passaggio  dal  III  al  IV
conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate  scelte   aventi
efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione  del  III  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   alla
realizzazione della propria iniziativa, non ha messo  in  discussione
il "patto" stipulato con gli interessati, salvaguardando la posizione
dei titolari degli incentivi e consentendo a  ciascun  operatore  non
ancora   "contrattualizzato"   di   ponderare    consapevolmente    e
adeguatamente il merito  economico  della  propria  iniziativa  e  di
assumere le conseguenti determinazioni. 
    E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art.  26,
co. 3, in  esame  al  "diritto  all'incentivo"  e  al  principio  del
legittimo affidamento degli operatori (stante  l'imprevedibilita'  da
parte di un soggetto "prudente ed accorto", titolare di un  incentivo
ventennale a seguito dell'adesione a uno  dei  conti  energia,  delle
modificazioni in pejus del rapporto). 
    4.1.2) Le precedenti considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  "regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori"  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23 d.l. n. 91/2014, rubricato  "Riduzione  delle  bollette
elettriche a favore dei clienti forniti in media e  bassa  tensione",
prevede quanto segue: 
    "1. Al fine di pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
    2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri  tariffari
conseguenti dall'attuazione dell'articolo 1, commi  da  3  a  5,  del
decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni,
in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 
    3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per  l'energia
elettrica,  il  gas  e  il  sistema  idrico  adotta  i  provvedimenti
necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i
medesimi  benefici  siano  ripartiti  in  modo  proporzionale  tra  i
soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i  benefici  previsti
agli stessi commi 1  e  2  non  siano  cumulabili  a  regime  con  le
agevolazioni  in  materia  di  oneri  generali  di  sistema,  di  cui
all'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.". 
    Ora, non sono certo contestabili gli  scopi  avuti  di  mira  dal
legislatore, che intende "pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione
degli  oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di  consumatori
elettrici", distribuendo tra costoro "i minori  oneri  per  l'utenza"
generati anche dalle  misure  dell'art.  26  e,  in  ultima  analisi,
alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i "clienti  [...]  in
media tensione e [...] in  bassa  tensione  con  potenza  disponibile
superiore  a  16,5   kW,   diversi   dai   clienti   residenziali   e
dall'illuminazione pubblica". 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26 nel senso di "favorire una migliore sostenibilita' nella
politica di supporto alle energie  rinnovabili",  non  risultando  in
particolare chiaro il nesso tra tale "migliore sostenibilita'"  e  la
"piu' equa distribuzione degli oneri tariffari" tra gli utenti  -  e'
perseguito  attraverso  una  "leva"  che  consiste  in  un'operazione
redistributiva irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse  finanziarie  e'  infatti
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira dal  legislatore,  tenuto  conto
del rango e della natura degli scopi del regime  di  sostegno  (basti
por mente all'evocazione, da parte della dir.  2001/77,  delle  norme
del Trattato UE sulla  tutela  dell'ambiente),  e  che  comunque  non
appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e
ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto  ai  "finanziamenti  bancari"  (co.  5),  e'   sufficiente
rilevare - in disparte gli aspetti  collegati  all'onerosita'  per  i
beneficiari dei meccanismi  ipotizzati  e  ai  costi  di  transazione
comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria  dei  nuovi
contratti - che la garanzia dello Stato non  copre  l'intero  importo
dell'eventuale operazione finanziaria  (sino  all'80%  dell'ammontare
dell'"esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca"
o della "somma liquidata da CDP alla banca garantita") e che comunque
si tratta di "finanziamenti" non automatici (residuando uno spazio di
apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono  a
es. essere soggetti "economicamente e finanziariamente sani", e circa
il "merito di credito"; cfr. artt. 1 e 2 d.m. 29.12.2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (co.  6),  che   costituisce   piuttosto   una
conseguenza   necessitata   della   protrazione   del   periodo    di
incentivazione oltre i venti anni nel caso di scelta dell'opzione  di
cui al co. 3, lett. a). 
    Quanto  all'"acquirente  selezionato"  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso  legislatore  attribuisca  alla  misura  una
portata solo eventuale, tenuto conto dell'art. 26,  co.  13,  che  ne
subordina  l'efficacia  "alla  verifica  da   parte   del   Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea". 
    Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo  ambito  di
applicazione, non riservato ai soli produttori da  fonte  solare,  ma
esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, a es., al  co.  9,  lett.  d,  che  demanda  all'Autorita'  di
"stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota  annuale
costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione
da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche  della
tipologia e della localizzazione degli impianti"), anche qui e' posto
un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),  mentre  non
paiono disciplinate le  conseguenze  sui  rapporti  di  finanziamento
eventualmente accesi dai produttori (i quali, attraverso la cessione,
intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal co. 11, che  reca  pero'  un  impegno  generico  per  il  Governo
("assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione  alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati"). 
    4.1.3  Da  quanto  detto,  e  all'esito  del  bilanciamento   tra
l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione dei  diritti  dei
fruitori delle agevolazioni, emerge l'irragionevolezza e l'assenza di
proporzionalita', ai sensi dell'art. 3 Cost., delle  norme  dell'art.
26 comma 3 d. l. n. 91/2014, come convertito dalla legge n. 116/2014,
apparendo  altresi'  violato  anche  l'art.  41  Cost.,   alla   luce
dell'irragionevole   effetto   della   frustrazione   delle    scelte
imprenditoriali   attraverso   la   modificazione   degli    elementi
costitutivi  dei  rapporti  in  essere  come   contrattualizzati   o,
comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, riassuntivamente: 
    - il sistema degli incentivi perde la sua  stabilita'  nel  tempo
nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e  predeterminato  in
una convenzione o contratto di  diritto  privato  (art.  24  comma  2
lettera D d. lgs. n. 28/2011); 
    - gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; 
    - viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; 
    - il periodo di tempo per la percezione dell'incentivo, invariato
nella misura complessiva, viene  prolungato  indipendentemente  dalla
vita media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e'
piu' costante per tutto il  periodo  di  diritto,  ma  si  riduce  in
assoluto  per  tutto  il  periodo  residuo  (lett.  c)  o  varia   in
diminuzione nell'ambito del  ventennio  originario  di  durata  della
convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 
    4.2 Il co. 3 viola inoltre l'art. 117, co. 1, Cost. in relazione,
quali norme interposte, all'art. 1,  Prot.  addizionale  n.  1,  alla
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (di cui e'  stata  autorizzata  la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con l. 4 agosto 1955, n.  848)  e  all'art.  6,
par. 3, Trattato UE, che introduce nel diritto dell'Unione "in quanto
principi generali", i "diritti fondamentali" garantiti dall'anzidetta
Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  "protezione
della proprieta'", ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative "ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale" - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime;  v.,  ex  plur.,
Maurice c. Francia [GC], del 6 ottobre 2005, n. 11810/03, parr. 63  e
ss.), reputando ammissibili le "interferenze"  (ingerenze)  da  parte
della pubblica autorita' in presenza di un interesse  generale  (cfr.
Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012  e  14  maggio
2012, final, parr. 77-79: 78.). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    4.3 Ulteriore violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: disparita'  di
trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. 
    E' dubbia la costituzionalita'  dell'art.  26,  co.  3,  d.l.  n.
91/2014, rispetto all'art. 3 Cost., eventualmente anche in  relazione
all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede che la rimodulazione si
applichi soltanto agli "impianti di potenza nominale superiore a  200
kW"  (recte:  ai  soggetti  fruitori  di  tariffe  incentivanti   per
l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
    4.3.1)  Tale  restrizione  del  campo  applicativo  comporta   la
creazione,  all'interno  dell'insieme  dei  titolari  degli  impianti
fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte  in
base alla "potenza  nominale"  (dell'impianto),  destinatarie  di  un
trattamento differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari al 60% della
spesa totale per  l'incentivazione  (ca.  4,3  mld/anno  su  ca.  6,8
mld/anno). 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra tuttavia un profilo idoneo  a  sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  il  deteriore
trattamento disposto per quelli di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al loro numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure, foriere di  un  trattamento  deteriore
per alcuni produttori in assenza di  adeguata  causa  giustificativa,
non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico  poste  a
base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore esonero disposto dall'art.  22-bis,  co.  1,  d.l.  n.
133/14 cit. in favore degli  impianti  i  cui  soggetti  responsabili
erano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione  del
d.l. 91/2014, "enti locali o scuole",  norma  che  infatti  opera  un
distinguo  fondato  sulla  peculiare  qualita'  dei  percettori   dei
benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia prodotta. 
    4.3.2) Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche   tali   soggetti   nella   parte   relativa    all'"acquirente
selezionato". 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi parimenti finanziati dagli utenti  attraverso
i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento  delle
componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
    4.3.3) La creazione di categorie differenziate determina anche un
vulnus alla concorrenza e una lesione della  liberta'  di  iniziativa
economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia  elettrica
destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un  contesto
economico connotato dal sostegno  pubblico,  vedono  pregiudicata  la
possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni  con  gli
altri produttori da fonte solare e, piu',  in  generale,  di  energia
rinnovabile. Sotto questo profilo, pertanto, risultano lesi gli artt.
3 e 41 Cost.. 
    5.4. Violazione art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  Costituzionale  "la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione" (sent. n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato "va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»". 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'"evidente  estraneita'"  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
"intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare" (sent. n. 22/2012,
nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto "l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di legge»" ex art. 77  Cost.,  con
l'ulteriore precisazione che "il presupposto del «caso» straordinario
di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto  al  provvedimento
inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito  di  intrinseca
coerenza, anche se articolato  e  differenziato  al  suo  interno"  e
ponendosi "la scomposizione atomistica della condizione di  validita'
prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto  con  il  necessario
legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso»  che  lo
ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie  di
norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale" (Corte  Cost.
n. 22/2012). 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, l. 23 agosto 1988, n. 400, che "pur non avendo, in se' e per
se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro
di  legittimita'  [...],  costituisce  esplicitazione   della   ratio
implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il  quale  impone  il
collegamento  dell'intero  decreto-legge  al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento" (sent. n. 22/2012). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1 della  legge  n.
400/88,  i  decreti-legge  sono  presentati  per  l'emanazione   "con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione",  mentre  il
comma 3 sancisce che "i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo", il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3 d. l. n. 91/2014, insorge in relazione  alla  circostanza
che, pur rinvenendosi nel titolo del d.l. n. 91/2014  il  riferimento
al "rilancio e [al]lo sviluppo delle imprese" e al "contenimento  dei
costi  gravanti  sulle  tariffe  elettriche",   nel   preambolo   del
provvedimento non si rinviene tuttavia esplicitazione di tali punti. 
    Risulta,  infatti,  presa  in  considerazione   unicamente   (con
riguardo alla  materia  in  esame)  "la  straordinaria  necessita'  e
urgenza di adottare disposizioni volte a superare  alcune  criticita'
ambientali, alla immediata mitigazione del  rischio  idrogeologico  e
alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con  semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale"  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  "disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi",  di   "prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini", di  adottare  "disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]",  di
adottare  "disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea"). 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I "misure per
la crescita economica") e in 3 capi  ("disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore agricolo"; "disposizioni urgenti per l'efficacia
dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione  di
procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi
derivanti  dall'appartenenza   all'unione   europea";   "disposizioni
urgenti per le imprese"). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, "disposizioni urgenti per le
imprese", insieme a una serie di  articoli  omogenei  (da  23  a  30)
effettivamente al tema della "piu'  equa  distribuzione  degli  oneri
tariffari fra le diverse categorie di consumatori  elettrici"  (cosi'
l'art. 23 cit., che individua gli artt. da 24 a 30  quali  generatori
di "minori oneri per l'utenza"), ma in un contesto di  norme  tra  di
loro del tutto eterogenee (cfr. artt. 18 e seguenti). 
    Appare dunque  carente  l'elemento  finalistico  richiesto  dalla
Corte  costituzionale,  non  sembrando  ravvisabile   "l'intento   di
fronteggiare situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che
richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti  quindi  a
materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare  rimedi
urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare". 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  "di
immediata applicazione", come sancito dall'art. 15, comma  3,  l.  n.
400/88,  essendo  sufficiente   considerare   le   menzionate   norme
sull'"acquirente  selezionato"  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni  di  costituzionalita',
relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26  d.l.  n.  91/2014
agli impianti di produzione di energia  elettrica  da  fonte  solare,
aventi potenza superiore a 200 kW, che fruiscano di incentivazioni in
atto ai sensi dei Conti Energia. 
    Il giudizio e' di conseguenza sospeso  per  la  rimessione  delle
questioni suddette all'esame  della  Corte  Costituzionale,  mandando
alla Segreteria di trasmettere  alla  Corte  la  presente  ordinanza,
unitamente al ricorso, di  notificarla  alle  parti  in  causa  e  al
Presidente del Consiglio  dei  Ministri  nonche'  di  comunicarla  ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;